Lingua Etrusca

Eleganza Etrusca
Un filo di bronzo

Saggio intorno ad una epigrafe

Presentazione   

Studiando l’argomento delle culture arcaiche che si sono evolute in Italia, ho trovato di grande interesse il capitolo dedicato alla scrittura etrusca. Nelle forme e nei significati di quelle parole ho notato, sempre con più chiarezza, elementi di familiarità.

Incoraggiata da questi risultati ho immaginato che nei testi etruschi fosse custodita una ricca letteratura, formulata in uno stile autenticamente italiano. In accordo con tale ipotetica considerazione, tento ora di interpretare le parole della breve epigrafe, descritta di seguito in questo saggio.

Anche se svolgo le riflessioni e le conclusioni in modo puramente teorico, trovo essenziale il sostegno di una bibliografia importante.

Per la ricerca dei termini adatti a risolvere il testo etrusco prendo come riferimento un dialetto fra quelli tramandati nella valle del fiume Sacco, nella Ciociaria, una regione storica del Lazio, in Italia. La Ciociaria è una terra ricca di cultura, famosa per le sue città medievali e le bellezze naturali dei luoghi.  (Pina Basile)

I – IL DIALETTO

Una preziosa eredità

Lontano dalla grande città, nei borghi, nelle campagne, la quotidianità dei luoghi appare fortemente rispettosa delle tradizioni antiche. L’arte del ricamo, il linguaggio, i metodi per la lavorazione dei campi evocano il passato e sembrano essere rimasti profondamente immutati nel tempo, partecipando al fascino di un così arcaico argomento quale quello etrusco. Allora la Cultura Etrusca trova nella cultura del mondo attuale un modello di confronto e, come se ne fosse il riflesso, appare altamente evoluta, mite, sapiente

Nella semplicità del paesaggio ricco di vegetazione che si estende tutto intorno alla campagna e nei costumi della gente dei luoghi si trova una diffusa pacatezza che porta indietro alla civiltà delle origini.

Il dialetto rappresenta un elemento essenziale nella ricerca e favorisce il progetto di rendere vivaci e familiari tradizione e pensiero della gente etrusca. Il dialetto è parlato ovunque, nelle campagne, nelle grandi e piccole fattorie, nei paesi che si sono formati sulle ripide alture e che mantengono il tipico aspetto medievale.

In questi luoghi, indietro nel tempo di pochi anni, anche se la Lingua Italiana era studiata e compresa perfettamente, il dialetto prevaleva fra la gente. Esso rappresentava l’Idioma parlato in famiglia e al di fuori di questa era preferito spontaneamente da ognuno, senza distinzione di ceto. Era considerato un retaggio di origine antichissima, fonte di certezze e di saggi insegnamenti, degno legame con il passato.

Il linguaggio popolare si dimostra una preziosa eredità, insostituibile nello studio delle parole etrusche.

II – L’EPIGRAFE

Le ipotesi

La breve epigrafe, studiata in questo saggio, si rivela di grande interesse dal momento che essa offre gli elementi per tentare di conoscere le qualità intellettuali degli Etruschi. Così si scopre che gli Etruschi si dedicarono a studiare l’etica, definendola scienza delle virtù e si distinsero per essere benevoli, assennati, custodi consapevoli della grande sapienza contenuta nei miti.

Nel cercare di immaginare il pensiero e i costumi del popolo etrusco, così lontano nel tempo, si dimostra efficace la ricerca di eventuali somiglianze fra le parole etrusche dell’epigrafe e quelle italiane, latine e dialettali italiane.

Questo metodo sperimentale, già realizzato nei precedenti articoli, è descritto in particolare nell’articolo Le tasse e il Vaso di Duenos. Il metodo si basa sulle ipotesi.

Le ipotesi:

1) La tradizione e la scrittura etrusche potrebbero rivelare una matrice di ordine matematico-razionale.

2) I documenti etruschi potrebbero contenere in codice notizie di valore mitico, matematico, astronomico, giuridico.

3) I documenti etruschi potrebbero custodire vocaboli riconoscibili nella Lingua Italiana e potrebbero essere messi in relazione con una delle forme dialettali, parlate nelle regioni centro-meridionali del Lazio.

Conoscenza dotta e Mito

Le versioni, realizzate per l’epigrafe in questo saggio, accennano alla divinità della caccia. Questi risultati mostrano come le storie mitiche riuscissero ad insegnare gli ideali di rettitudine, virtù e merito, considerati valori irrinunciabili nella comunità etrusca.

Una molteplicità di argomenti affiora dal breve testo grazie alla fluidità delle parole etrusche. La parola m, u, r, i, l, a, che fa parte dell’epigrafe, offre infatti un esempio a riguardo. Ad una prima lettura essa ricorda la voce italiana morale, intesa nel senso di comportamento buono, giusto, retto, onesto. La stessa parola può essere trasformata in mir(a) illa ‘meravigliosa ella’ e può essere confrontata con il termine murella ‘pilastro’, nel significato di opera realizzata sulla base di una conoscenza rigorosa. Nella parola m, u, r, i, l, a quindi sembrano concentrarsi le idee di virtù, giusta proporzione, meraviglia:

‘morale, pilastro, meraviglioso’.

Le tradizioni riguardanti la divinità della caccia, alludendo alle capacità di riflessione, misura e moderazione rappresentavano una lezione di valore etico, da destinare alla comunità.

Le peculiarità attribuite alla dea erano molteplici. Non solo signora della caccia ma anche dea della Luna. Fedele alla propria regola di purezza, schiva e protetta da ogni sguardo estraneo, la dea si mostrava ugualmente benevola nei riguardi della nascita ed i suoi epiteti riconducevano, per una sottile logica, ai fenomeni in relazione con la Luna.

Nel pensiero etrusco le idee di fermezza nei propositi, abilità nella mira, sincronia impeccabile nelle azioni, rappresentavano le singolari e sottintese prerogative della dea. Queste erano simboliche di disciplina e potevano aiutare a comprendere anche le condizioni necessarie alla continuità delle stagioni e al mantenimento di un benefico, gradevole ordinamento di eventi nella natura.

Per le genti etrusche l’arco, essenziale nel corredo di questa divinità femminile, indicava i difficili principi di equilibrio, stabilità, numero, misura e allo stesso tempo era emblema di rettitudine morale.

Il legame ideale fra le qualità della dea, il concetto di arco, le caratteristiche lunari è messo in evidenza dal seguente tentativo di sondare il valore delle parole nell’epigrafe; (h = f) (8 = p):

c, n (genio), canora, melodia; t, u, r, c, e (terge), purifica, torreggia, si erge alta; m, u, r, i, l, a (miraglio), riflesso, lucente; h, e, r, c, n, a, s (ferace nasce), favorisce fertilità, fecondità, nascita; th, u, 8, l, th, a, s (d, i, p, l, o, i, d, i, s), doppia ala addossa, indossa il mantello e lo avvolge due volte; c, v, e, r g h i, v, i, e, r, a (ghiera), anello, arco.

Una lancia di bronzo

L’epigrafe etrusca: ‘(Ta 3.6, III-II secolo a.C.; lancia di bronzo)’.

L’epigrafe è studiata in questo breve saggio ed è rappresentata di seguito in modo libero:

(c, n, t, u, r, c, e, m, u, r, i, l, a, h, e, r, c, n, a, s, th, u, 8, l, th, a, s, c, v, e, r).

Le tre versioni, che sono svolte di seguito, ne rivelano il contenuto mitico e ne mettono in rilievo l’intento educativo e benevolo che traspare anche nella descrizione dei semplici gesti di vita quotidiana

Nel testo le parole sono separate da alcuni punti che non vengono mostrati nella rappresentazione libera, esposta sopra. La sequenza di lettere alfabetiche, senza separazione fra le parole, si risolve in numerose forme, permettendo di ampliare la narrazione del mito, riferito alla dea cacciatrice e descritto nella seguente, prima versione (I).

Dalla prima serie di lettere si formano due parole ‘c, n, t, u’e ‘r, c, e, m, u‘ che ricordano i vocaboli italiani ‘canto’ e ‘ricamo’. Nel dialetto cuntu, indica ‘conto’, ‘numero’ e si collega quindi con le idee di ‘ritmo’, ‘metro’, ‘verso’, riferiti al canto e alla poesia.

Anche le lettere c, n, a, s, th si adattano ai termini italiani, latini e del dialetto e sono di esempio per il metodo sperimentale applicato alle parole etrusche.

In questa particolare epigrafe, il simbolo rappresentato con S viene definito in modo variabile, S = z = s = sci = ci = g i e. Per questo motivo, nella seguente prima versione (I) le lettere c, n, a, s, th possono cambiare in c, i, n, e, g, e, t, a, voce dotta e parola antica che indicava chi esercitava l’arte della caccia.

Ancora riguardo a c, n, a, s, th si dimostra interessante l’esame delle voci latine c, o, n, i, c, i, o  e  c, o, n, i, e, c, t, i, o, nei significati di “dedurre, interpretare, arguire”.

Entrambi i vocaboli indicano meditazione e tensione, fondamentali nello sforzo di raggiungere in modo ponderato un obiettivo e un fine. In questo significato e in particolare in quello connesso al mito della caccia, la stessa serie di lettere etrusche trova conferma in una colorita recitazione. Viene sottolineata, fra le doti della dea, la capacità di controllare l’irrequietezza del suo seguito e di mantenere la muta in silenzio e in attesa: ‘c, a, n, i  a, z, z, i, t, t, a’.

I riferimenti alle attività della caccia, del canto, del ricamo raccontano intensamente l’universo del pensiero etrusco. Antiche forme d’arte, queste erano considerate dagli Etruschi nobili e indispensabili per il benessere della comunità. Erano da compiere con dedizione e impegno, probabilmente sotto il favore della dea.

Studio delle parole (prima versione)

(Latino: c, a, n, o, r  c, a, n, o, r, i, s canto, suono, melodia, poesia, versi; mirus, a, um meraviglioso, straordinario; ille, illa, illud colui, colei, quella cosa; fero, fers, tuli, latum, ferre recare, portare, procurare, dare, mettere in moto, sostenere; c, o, n, i, c, i, o,  c, o, n, i, c, e, r, e dedurre, arguire, lanciare, scagliare, interpretare; c, o, n, i, e, c, t, i, o lancio, paragone, comparazione, interpretazione; dis, ditis e dives, divitis prezioso, pregevole, splendido, suntuoso; sic così, in tale maniera, semplicemente; d, i, p, l, o, i, s  d, i, p, l, o, i, d, i, s mantello che veniva avvolto due volte intorno al corpo) (Italiano: miraglio specchio; c, i, n, e, g, e, t, a /voce dotta; parola antica/ chi esercitava la caccia con l’ausilio dei cani; addossa addossare, sovrapporre) (Dialetto: si’ tu sei).

Ipotesi di lettura per i segni alfabetici etruschi dell’epigrafe (prima versione):

(H = f) (O = th = d = t) (8 = b) (S = si = sci = ci = g i e).

Prima versione:

  • Canto ricamo reale fare c, i, n, e, g, e, t, a e bella dea si’ ecco vera

Tu sei capace nel canto e abile nell’arte del ricamo, dotata di portamento regale, pronta e veloce nel condurre la caccia, sei splendida, in verità tu sei una dea.

Descrivere un arco

La prima versione (I), svolta per l’epigrafe, accenna al mito e sembra confermare quanto viene tramandato nei confronti del popolo etrusco, non solo curato nell’aspetto, elegante nel portamento ma soprattutto attento e meticoloso nel compiere ciascuna attività ed ogni gesto quotidiano. Si scopre ora che gli Etruschi furono esperti nella progettazione e nella realizzazione di opere basate su una conoscenza esatta. (Riferimenti nel precedente articolo Gemelle Illustri).

La seconda versione (II) sembra dare sostegno a tale ipotesi e viene svolta, come le altre presentate in questo saggio, seguendo l’accorgimento di aggiungere le vocali, necessarie per rendere più comprensibile il testo originale etrusco, durante la lettura. Le consonanti che si trovano nell’epigrafe sono essenziali nella ricerca delle voci dialettali, italiane e latine, di valore dotto.

Le voci italiane e latine elencate di seguito sono scelte e sostituite a quelle etrusche per somiglianza, per estensione del loro significato e limitatamente allo studio dell’epigrafe presentata in questo saggio:

Studio delle parole (seconda versione)

c, n, t – cinto disegno del cerchio | Cinto participio passato di ‘cingere’.

u, r, c, e – arco | ergeerge da ‘ergere’levare in alto, ‘erigere’ edificare; arco lo studio di questa parola è utile nella ricerca per tradurre l’epigrafe poiché trova la descrizione della struttura architettonica di un arco nel quale la forza di gravità, che preme sul concio centrale, si divide in due forze laterali che proiettano il proprio peso sulle spalle di sostegno dell’arco. (Dialetto: a, r, r, e, g, g, i ella, essa, egli, esso regge, sostiene)

m, u, r, i, l – m, u, r, e, l, l, a (Italiano: m, u, r, e, l, l, a /parola arcaica/ pilastro o pilone di ponte)

a, h, e – uopo forza (Latino: opus, o, p, e, r, i, s opera, lavoro, azione, effetto; o, p, s  o, p, i, s forza)

r, c – rocca roccia modellata

n – in

a,s, th – assetto

u, 8, l – a filo a dritto filo, per diritto

th, a, s – di asse | tesa linea tesa

c, v, e, r – cave rue ordinata si slancia (Latino: caveo, es, cavi, cautum, cavere fissare, ordinare, provvedere a; ruo, is, rui, rutum, ruere slanciarsi, precipitarsi, correre con impeto, sollevare, solcare, fendere).

Lo studio della serie di lettere th, u, 8, l, th, a, s, c, v, e, r aiuta a cogliere, nel contesto dell’epigrafe, il riferimento alla struttura di un arco, anche con le seguenti soluzioni:

th, u, 8, l, th, a, s = deflettasi, si defletta (Italiano: deflettere piegare in giù, piegare da un lato)

th, a, s, c, v, e, r = d, i, s, s, i, c, o varu (Latino: d, i, s, s, i, c, o dividere in due; varus, a, um  piegato in fuori, curvo, differente).

Ipotesi di lettura per i segni alfabetici etruschi dell’epigrafe (seconda versione):

(H = p).

Seconda versione:

  • Cinto erge  m, u, r, e, l, l, a  uopo rocca in assetto a filo di asse cave rue;

In una struttura a forma di arco e sostenuta dai pilastri, la forza della rocca, posta in assetto a dritto filo, si divide in due, tesa in fuori.

Ideale Etrusco

Nelle due precedenti versioni, l’una che descrive il mito e l’altra riferita al disegno dell’arco, gli argomenti sembrano essere estranei fra loro. Essi lo sono solo in apparenza poiché custodiscono un motivo che li tiene fortemente coesi. Sono uniti dai concetti di tensione e sforzo, fenomeni impliciti nello svolgimento di un compito importante e per i quali, secondo la mentalità etrusca, si poteva trovare soluzione mediante grande impegno e slancio razionale, mirati a completare armoniosamente un progetto.

Sembra che presso la gente etrusca la struttura di un arco e la sua immagine di eleganza, solidità e precisione fossero identificate idealmente con la regalità. Questa era una condizione intesa probabilmente nel senso di virtù dell’animo che ciascuno poteva realizzare liberamente nella comunità etrusca.

Le opere degli Etruschi rivelano che essi furono abili e creativi nel compito di eseguire ogni forma di arte conosciuta in quel tempo. Essi ebbero un ideale che li portava ad essere costantemente volti verso virtù e merito. Ideale che permeava mente e cuore e che ancora riesce ad essere definito nei suoi tratti essenziali poiché gli studiosi etruschi si preoccuparono di lasciare scritto il proprio pensiero nelle parole dell’epigrafe.

Un privilegio

I punti, lasciati prima da parte, tornano ora a separare le parole, come nell’epigrafe originale. Rivelano che nel testo etrusco era custodito un messaggio solenne e di grande pregio.

La parola etrusca t, u, r, c, e, privata della consonante iniziale per formare il termine arco, nella terza versione si ricompone e corrisponde a diriga dal verbo italiano ‘dirigere’, condurre, indirizzare. Richiama anche la voce ‘rigare’ intesa in modo figurato e nel valore di comportamento secondo rettitudine.

Il concetto espresso dalla parola di(r)iga è identico a quello contenuto nell’espressione ti (dir)iga. Questa doppia soluzione è resa possibile dall’analisi sperimentale, svolta per la lettera alfabetica r, in Chiarore sul passato. Il simbolo etrusco simile a P sostituisce r, in accordo con una lettura tradizionale. Può essere anche d r, in modo sperimentale. Così, se in questa particolare epigrafe D = r, essendo P = r = dr anche D = r = dr.

La parola m, u, r, i, l, a ‘murella’, ‘pilastro’, nella terza versione si adatta alla voce italiana ‘morale’ che indica un comportamento secondo buoni e giusti principi.

Poiché D = r = dr, m, u, r, i, l, a cambia in modera ille da ‘moderare’, ‘guidare’, ‘mitigare’.

Se il simbolo etrusco H = th = d, le lettere h, e, r, c, n, a, s trovano una nuova interpretazione con ‘derigo e notio’, derigo in latino ‘determinare’ e notio ‘concetto’. Questa soluzione equivale all’espressione “di ragione sa”, nel significato di ‘conoscere secondo ragione’, come nella terza versione.

Studio delle parole (terza versione)

(Latino: genius genio, divinità tutelare che guida gli uomini nella vita, proteggendoli; geno da gigno, is, genui, genitum, gignere /in senso figurato/ generare, provenire, scaturire; c, a, n, o  c, a, n, e, r, e  recitare, cantare, risuonare, celebrare; cieo, cies, citum, ciere e cio, is, civi, (citum), cire muovere, evocare, invocare, chiamare per nome, produrre, emettere; rego, regere guidare, condurre, dirigere; derigo e dirigo, is, direxi, directum, dirigere disporre in linea retta, delimitare, lanciare, dirigere, determinare, conformare, regolare; moderor, moderari mitigare, dirigere, guidare, disporre, regolare, determinare, governare; ille, illa, illud quello, egli, colui / quella, essa, colei / quella cosa, ciò; d, e, t, r, a, h, o, d, e, t, r, a, h, e, r, e discendere, trarre; notio, notionis (nosco) imparare a conoscere, esame, ricerca, competenza, conoscenza, idea, concetto; bolus vantaggio; fas diritto; civis, civis cittadino; ius, iuris diritto, privilegio) (Italiano: moderare governare, regolare, reggere; rettamente in modo retto, onesto, leale, saggio).

Ipotesi di lettura per i segni alfabetici etruschi dell’epigrafe (terza versione):

(C = g = c) (H = d) (S = s = z) (O = f) (8 = b). (I riferimenti alla lettera alfabetica 8 si trovano in Mito sul fermaglio e Chiarore sul passato).

Terza versione:

  •  Cano . ti rege . morale . di ragione sa : fa bolla fas . civi iure .

Declamo che . ti consiglia rettamente . l’etica .  dettata dalla ragione :

 essa conduce al vantaggio del diritto . privilegio dell’essere cittadino .

Conclusione

In questo breve saggio, il mondo del pensiero etrusco appare sotto una nuova luce.

Gli Etruschi ritenevano tutte le realtà del proprio universo sottese da uno stesso, totale, indissolubile ordine. Erano parte di un tale disegno di equilibrio la forma architettonica dell’arco, le regole matematiche che lo definiscono, il diritto etrusco.

Sembra che nella tradizione etrusca anche le azioni quotidiane si conformassero alla precisione dei concetti esatti.

L’arte del canto, i semplici gesti per realizzare il ricamo spiegavano che uno stesso filo di armonia poteva unire gli avvenimenti nell’universo etrusco. Un nesso che comprendeva persino le attività per il bene della comunità, nella quale il cittadino etrusco poteva godere del privilegio di essere tutelato dal diritto (fas /Latino/ diritto). Allo stesso tempo egli poteva completare l’ideale della bellezza e della felicità.

Tensione e solidità si trovavano nel concetto etrusco di arco ed in modo equivalente tensione verso la virtù e moderazione nel comportamento si realizzavano nella vita quotidiana etrusca.

I simboli ed i numeri riflettevano in modo compiuto un simile equilibrio. Grazie ad essi mondo visibile e fenomeni nascosti potevano essere facilmente intuiti da tutti, poiché sembra che, nel pensiero etrusco, il simbolo ed il fenomeno coincidessero perfettamente. L’arco era simbolico di fermezza d’animo e di augurabile saggezza.

(L’argomento riguardo ai numeri è descritto negli articoli Lungo il corso del Tevere, Al confine di un podere) (Riferimenti e bibliografia si trovano nei precedenti articoli: Gemelle Illustri, Le tasse e il Vaso di Duenos, Riguardo alla giurisprudenza, Eloquenza antica, Mito sul fermaglio, Chiarore sul passato, Lungo il corso del Tevere, Il mito etrusco, Al confine di un podere).

L’epigrafe: (Ta 3.6, III-II secolo a.C.; lancia di bronzo; Facchetti, 2000, pag. 152).

Bibliografia:

Giuliano Bonfante and Larissa Bonfante – The Etruscan Language – An Introduction  – Second edition – 2002

Anna Maria Carassiti – Dizionario di mitologia classica – 2005.